le difficoltà di contatto
e
un senso del sé debole.
Analizziamo in questo articolo il primo problema: le difficoltà di contatto.
I bambini possono avere problemi a fare un buon contatto con gli altri, con il mondo in generale, con loro stessi.
Le persone arrivano nel mondo come bambini piccoli con una piena capacità di essere in contatto. Fanno eccezione solo coloro che hanno disturbi organici.
Possono guardare, ascoltare, toccare, e fare tutte le cose di cui scrissero Erving e Miriam Polster in “Terapia della Gestalt integrata”.
Poi si restringono, restringono se stessi in qualche modo.
Si tagliano fuori dalla piena esperienza.
Ma queste restrizioni sono modi per i bambini per proteggere se stessi e veder soddisfatti i loro bisogni, addirittura quando sono ovviamente problematiche.
Ci si potrebbe aspettare che il trauma sia la ragione principale.
Ma ce ne sono molte altre. Il bambino si può bloccare e restringere se stesso o se stessa per la pressione sociale e ambientale, o per problemi in specifici stadi dello sviluppo e fattori dello sviluppo.
Naturalmente i genitori e la famiglia, ma anche la scuola, lo sport, gli amici, i professionisti sanitari, la religione, la cultura di appartenenza, e molte altre.
Violet parlava spesso della storia del vestito bello ma inadatto che l’ha fatta sentire imbarazzata alla sua prima festa di compleanno di un’amichetta quando si è trasferita negli Stati Uniti, o della sua ospedalizzazione quando si è ustionata da piccola e i dottori e le infermiere gli hanno detto “Sii una brava bambina e non piangere” quando sentì intenso dolore durante le medicazioni e senza la presenza di adulti amati.
“Non va bene esprimere dolore; se lo fai, sei una bambina cattiva!”
L’obiettivo principale quando un terapeuta lavora con il processo di “self nurturing” (più o meno “autonutrimento” in italiano) dovrebbe essere proprio questo:
Aiutare i bambini nell’accettazione e nell’integrazione di parti del sé che sono responsabili per comportamenti non adattivi.
Immediatamente dopo che questo processo si è completato nuove opzioni comportamentali sono disponibili.
Questi principi vanno in accordo con la “Teoria paradossale del cambiamento” esposta nel popolare omonimo articolo di Arnold Beisser, uno dei più citati articoli della letteratura della terapia della Gestalt. In brevissimo: sforzarsi di cambiare e fare i bravi aumenta le difficoltà e allontana dal cambiamento. Invece, più una persona si accetta per quella che è (bambini compresi, anzi forse soprattutto loro) e più inizia un processo evolutivo sano e adattivo.
I fattori di sviluppo sono collegati a molte aree.
La lotta per l’identificazione e lo sviluppo del sè contrapposta alla tendenza alla confluenza.
L’instaurarsi di introietti negativi (addirittura a partire da affermazioni positive fatte ai bambini).
Il pensiero egocentrico dei primi stadi dello sviluppo (dal quale personalmente penso che non siamo mai fuori del tutto nemmeno da adulti).
Il modo in cui i sistemi di appartenenza offrono soddisfazione ai bisogni del bambino/a.
Le sue reazioni al tema della rabbia e a come sono trattati dagli adulti i suoi desideri, la sua volontà e la manifestazione della sua frustrazione.
A proposito del trattare i disturbi di contatto, trovo un’osservazione particolarmente utile, semplice da usare e affascinante:
Più direttamente sembra che i gradi differenti dei sintomi post-traumatici possano essere rappresentati come differenti gradi di problemi di contatto.
Naturalmente non sto dicendo che i disturbi post-traumatici sono solamente semplici problemi di contatto; lavorando con il trauma dobbiamo confrontarci con la complessità.
La dissociazione è una forma particolare di disturbo del contatto.
Dobbiamo lavorare con gli introietti e con le credenze negative, con i congelamenti corporei e i blocchi che a volte devono essere riagiti, con emozioni intense senza controllo consapevole e con la ricostruzione di sensazioni di sicurezza stabili e durature.
Ma la proposta che ho sentito per la prima volta da Lynn Stadler di considerare il continuum dissociativo, dai sogni ad occhi aperti al disturbo di personalità borderline, come un continuum di problemi di contatto crescente è una metafora che trovo molto utile, specie nella terapia con i bambini. Personalmente è stata di aiuto a creare esperienze ben calibrate durante le sessioni.
Per favorire il contatto dei bambini sono utili in particolare tutte quelle esperienze che hanno a che fare con la sensorialità.
Per tornare alla originale definizione di contatto dei Polster:
Toccare: (indovinelli al tatto, plastilina e argilla, crystal ball, texture differenti, parole che definiscono le sensazioni tattili)
Annusare: (profumi, spezie, materiali vari, ricordo di odori, di nuovo liste di aggettivi)
Guardare: (Usare i libri dove si trovano gli oggetti in mezzo a molti altri, giochi come “strega comanda colore”, notare particolari inusuali, rionoscere figure in posizioni strane)
Ascoltare: (sentire e riconoscere i rumori a occhi chiusi, riconoscere parole sussurrate, riconoscere le canzoni dopo poche note)
Assaggiare: (riconoscere vari tipi di cibo a occhi chiusi, il famoso “esercizio dell’arancia”)
Sentire il corpo in genere: Molto utile a questo scopo è usare il fiato e la voce, (con toni differenti, urlando e sussurrando, con strumenti a fiato come un’armonica, gonfiando palloncini e facendoli stare in aria soffiando, usando semplici esercizi di concentrazione e meditazione).
Giandomenico Bagatin