I principi della relazione dialogica vengono dai pensieri e dagli scritti di Martin Buber. Per il filosofo la relazione è un’esperienza essenziale per la vita.
Buber chiama una delle due la relazione Io-Esso.
In questa modalità ci relazioniamo con un oggetto o qualcosa/qualcuno che trattiamo come un oggetto.
In questo modo siamo in una relazione di potere.
Vogliamo qualcosa, e l’altra persona è quella che può soddisfare i nostri bisogni, come un frigorifero o una macchina.
“Esso” è importante nella vita ma la vita non è completa solo con questo.
In questo tipo di relazione più evoluta non abbiamo piani consci, anticipazioni, avidità e i desideri sono nel flusso dei fenomeni.
Siamo in una relazione d’amore.
Frits Perls ha usato molto del lavoro di Buber sulla relazione dialogica per descrivere cosa intese per relazione di contatto nella terapia e nella vita.
Quando due o più persone sono in contatto, l’esperienza fluisce immediatamente alla consapevolezza.
Io-Tu è quando non stiamo proiettando sull’altra persona, quando puoi sentire i tuoi veri sentimenti, quando non stai agendo vecchi schemi per chiudere qualche affare irrisolto, quando non stai trattando l’altra persona come un oggetto per soddisfare le tue aspettative.
Siamo due persone che si trovano insieme come pari. Specialmente con un bambino, solo perché sono più vecchio, o ho più educazione, questo non fa di me una persona migliore o superiore.
Onoro il mio cliente.
E (più difficile a volte) i genitori.
Come l’empatia, l’Io-Tu è più una posizione che non una tecnica.
È un modo di essere. I bambini la percepiscono immediatamente, anche perché di solito non vengono trattati come pari, e in qualche modo non sono nemmeno abituati a notare che gli adulti li ascoltano sul serio.
È incontrare il bambino o la bambina dove sono e non dove mi aspetto o voglio che siano.
Sappiamo che di solito i bambini hanno un potenziale più ampio di quello che vediamo all’inizio della terapia, ma ugualmente vogliamo essere accettanti e non giudicanti con loro.
Violet raccomanda di non usare voci bizzarre, voci bambine o voci alte. Come diceva Rogers saremo semplicemente noi stessi. Naturalmente ci sono eccezioni, in alcune rappresentazioni potremmo aver bisogno di una voce divertente.
Ma si tratta di un rispetto generale per il bambino.
Trattarlo come una persona al nostro stesso livello. Questo riguarda anche rispettare i nostri stessi limiti e confini come terapeuti con i limiti dei clienti.
Se la relazione non funziona l’obiettivo principale della terapia è stabilire una buona relazione prima possibile.
A volte la relazione è la terapia.