Supporto degli operatori sanitari con la terapia esistenziale, la logoterapia e il modello Oaklander

Ricerche

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RECUPERARE NOI STESSI: NELLA FATICA NON SONO SOLO


La Terapia Esistenziale e la Logoterapia di V.E. Frankl

declinata attraverso il Modello Oaklander

a supporto degli operatori sanitari


A cura di M. Minetto e A. Pezzutto


Introduzione


L’11 marzo 2020 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato il Coronavirus
(COVID19) una pandemia globale e nell’arco di pochi mesi l’emergenza ha coinvolto più di 200
paesi in tutto il mondo, costringendo ciascuno di loro a ridefinire l’organizzazione delle proprie
strutture ospedaliere e degli operatori sanitari per ridurre la diffusione del virus. Molti di loro
hanno lavorato in condizioni critiche, dove veniva richiesto un grande spirito di adattamento con
conseguenti livelli di distress psicologico elevati (Cipollotti et al., 2020; Greenberg et al., 2020;
Vindegaard et al., 2020).


In questo ultimo anno diversi studi hanno esaminato questa esperienza di emergenza mondiale.


Tra le diverse osservazioni sono emersi alcuni effetti psicologici negli operatori sanitari assegnati ai
reparti Covid: maggiore stress lavorocorrelato, burnout, disturbo posttraumatico da stress,
depressione, insonnia, ansia, rabbia e altri sintomi psichiatrici (Preti et al., 2020; Di Mattei et al.,
2021).

Tali studi hanno sottolineato l’importanza di avviare interventi di tipo psicologico con la
finalità di dare un adeguato sostegno e spazio di depositoelaborazione dei vissuti e delle fatiche
annesse a questa esperienza.


Anche l’Ospedale Civile di Pordenone (afferente all’Azienda Sanitaria Friuli Occidentale ASFO)
con i suoi operatori è stato coinvolto nella gestione dell’emergenza sanitaria conseguente alla
pandemia, diventando uno tra i centri di riferimento per l’accoglienza dei malati Covid in Friuli
Venezia Giulia.

Il reparto di Anestesia e Rianimazione 1 di Pordenone, con i suoi 10 posti letto, si è
trovato a ricevere i casi gravi che necessitavano di un’assistenza specialistica e di macchinari
adeguati.

Il primario e la Referente Infermieristica Dipartimentale hanno rilevato un grande
affaticamento tra gli operatori del reparto, soprattutto a seguito della terza ondata (ottobre 2020
gennaio2021), e hanno ritenuto importante offrire loro uno spazio per l’elaborazione dei vissuti e
il sostegno psicologico.


Dopo unattenta valutazione di tale richiesta e del contesto, è stato predisposto un unico incontro
a piccoli gruppi (max 10 persone), riproposto più volte per permettere a tutti gli interessati di
parteciparvi.

La struttura degli incontri si sviluppa a partire dai presupposti teorici della terapia
esistenziale e della logoterapia di Viktor Emil Frankl e si è concretizzata attraverso la scelta di
alcune tecniche espressive tratte dal modello di Violet Oaklander (Gestalt Play Therapy GPT).


Frankl, neurologo, psichiatria e filosofo austriaco, si è interrogato sulla natura umana in generale e
ha considerato l’uomo come un essere (formato da corpo, psiche e spirito) orientato al significato
e dotato di quella che lui chiamava volontà di significato (Frankl, 2018). L’uomo, per Frankl, è
bisognoso di ricercare un senso alle cose che gli accadono e le esperienze dolorose sono da lui
considerate intrinseche nell’essere umano e per nulla evitabili (Frankl, 2018).

Frankl ci suggerisce come la sofferenza, parte inevitabile dell’esistenza, possa essere rivalutata come un momento di
ricerca e crescita, qualora si trovi uno spazio di metabolizzazione che permetta di integrarla.

Siamo abituati però ad eliminare e soffocare le esperienze dolorose, vissute spesso come momenti
da cancellare e dimenticare.

Secondo Frankl nessun dolore è però mortale per l’uomo che si
mostra disposto a cercarne il senso che può acquisire nella sua esistenza.

Lo spazio psicologico pensato per gli operatori sanitari dell’Anestesia e Rianimazione 1 di
Pordenone ha voluto quindi favorire il contatto dei partecipanti con il proprio mondo interiore,
con la sofferenza e il dolore provato affinché non venissero soffocati ed eliminati, ma trovassero
espressione e senso attraverso il logos.


Il modello Oaklander ha invece dato spunti per concretizzare i principi teorici di Frankl, offrendo
tecniche espressive, momenti di “gioco” per conoscersi, contattare il proprio mondo interno e
condividere, in uno spazio di ascolto protetto e non giudicante, le fatiche vissute.


Il titolo dell’incontro era: “Recuperare noi stessi: nella fatica non sono solo”.

Con la scelta delle parole del titolo si è voluto porre il focus sul contatto con il mondo emotivo interiore (recuperare
sé stessi) e l’importanza di non sentirsi soli, ma parte di un gruppo, quando si vivono momenti di
fatica e frustrazione protratti.

Qui di seguito la locandina di invito\presentazione fatta avere a tutto il personale del reparto
tramite casella di posta elettronica.

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Le finalità dello spazio, come riportate nella locandina e riassunte alla voce “obiettivi” del
seguente articolo, erano:

Aiutare a fermarsi.

Stare non nel fare, ma nel sentire.

Riconoscere che ciò che sentiamo, anche il dolore, va bene ed è importante attraversarlo e
dargli uno spazio di espressione.

Riuscire ad andare oltre.

Dare dignità e valore a noi come persone.

Ricordarci perché si è scelto di essere professionisti a stretto contatto con la sofferenza.

Quando


L’incontro, della durata complessiva di 3 ore (dalle h 16.00 alle h 19.00), è stato ripetuto in 4 date
differenti per permettere a tutti gli interessati di partecipare.

L’iscrizione era su base volontaria. Non si è voluto creare un percorso di più incontri per evitare di
richiedere eccessivo impegno ai partecipanti, già sovraccarichi di ore lavorative e bisognosi di
trascorrere più tempo al di fuori del contesto lavorativo. L’incontro è stato visto anche come
primo tentativo di approcciarsi ad un gruppo di sanitari utilizzando la GPT e un modo per introdurre uno spazio di tipo psicologico rivolto al personale del reparto, rilevandone l’efficacia e il
gradimento.


Campione


Hanno partecipato 24 operatori su 48 totali del reparto, di cui 7 medici, 16 infermieri e 1 OSS. 8
maschi e 16 femmine. Età media: 44 anni.

Gli operatori, tutti attualmente in servizio nel reparto di Anestesia e Rianimazione 1 di Pordenone, hanno avuto esperienze anche in altri reparti, tra cui
quello di medicina, chirurgia, pronto soccorso, medicina d’urgenza, ginecologia e in case di riposo.


I gruppi erano volutamente misti, ossia composti da figure professionali differenti (tra medici,
infermieri ed OSS) per favorire il confronto tra chi, in modo diverso, ha lavorato in condizioni simili
per obiettivi comuni.


Gli incontri, avvenuti nella sala riunioni del reparto di Anestesia e Rianimazione 1, hanno visto
partecipare 8 persone alla prima data (8 aprile), 6 alla seconda (22 aprile), 5 alla terza (29 aprile) e
3 all’ultima (20 maggio). Sebbene ci si fosse prefissato un numero minimo (5) di partecipanti ad
ogni incontro, è stato accolto anche l’ultimo gruppo da tre: era importante offrire questo spazio a
tutti coloro che lo desideravano e ne avevano fatto richiesta.


Metodo


Violet Oaklander, psicoterapeuta della Gestalt, è fondatrice del metodo della GPT negli anni ’70 in
California.

Il suo approccio, basato sulla Terapia della Gestalt, è centrato sulla relazione tra
paziente e terapeuta, piuttosto che sull’osservazione e interpretazione (Oaklander, 2007).

E’ un metodo energico e dinamico che utilizza tecniche creative, espressive e proiettive.

Il metodo, riconosciuto e premiato dalla comunità scientifica internazionale, è unico nell’ambito della
psicoterapia con bambini e adolescenti.

La capacità creativa di Violet ha reso possibile individuare una vastissima quantità di materiali e attività da adoperare, oltre che fornire un approccio alla
relazione, agli obiettivi e alle modalità di fare terapia che sono il nucleo principale del modello e lo
rendono applicabile ovunque.

Per queste ragioni lo abbiamo proposto agli operatori sanitari dell’area Covid.

Inoltre la GPT, pur essendo un approccio d’elezione per bambini e adolescenti,
può essere utilizzata efficacemente anche con l’adulto, permettendogli di ritrovare quel sé
bambino sempre presente dentro di noi e custode autentico delle reazioni emotive di fronte agli
eventi della vita.


Obiettivi


Gli obiettivi preposti erano i seguenti:


~ Ricontattare “ stessi” attraverso esperienze che favoriscono il contatto, la conoscenza e
l’espressione del proprio Sè. Quando ci si rapporta alla sofferenza spesso ci si allontana,
per difesa, dal nostro vissuto emotivo. Si innalzano muri e ci si “disconnette”.

~ Ricontattare “quel momento”, ossia il più significativo (sia con accezione positiva che
negativa) in riferimento all’ultimo anno di emergenza Covid.

Lo scopo era dare dignità al
vissuto personale, per ritrovare sé stessi permettendosi di sentire quello che in quel
momento non era magari fattibile ascoltare e accogliere, per sentirne il valore attraverso la
condivisione con i colleghi.


Setting e strumenti


Il setting è stato organizzato in 4 momenti differenti: i primi due per perseguire il primo obiettivo
(ricontatto con il proprio Sé), il terzo per il secondo obiettivo (ricontatto con “quel momento”).


Una quarta fase, conclusiva, è stata dedicata alla compilazione di un questionario di raccolta
informazioni e gradimento, oltre che alla compilazione di un postit sopra il quale è stato chiesto di
riportare la parola chiave riassuntiva dellincontro svolto.


Di seguito i vari momenti con i relativi strumenti (giochi) proposti:


1. Gioco di conoscenza: è stata domandata a ciascun partecipante una presentazione di sé
come persona, non tanto come professionista (medico, infermiere, OSS), ossia raccontarsi
al di fuori di chi si è in ospedale. Si è utilizzata una palla da rugby come passaggio di
testimone per regolamentare i turni di parola. Era possibile, data la distanza
interpersonale e la buona areazione della stanza, abbassare la mascherina quando ci si
presentava. Questo ha permesso di conoscersi guardandosi in viso, aspetto non poco
rilevante se pensiamo che nell’ultimo anno e mezzo siamo abituati a vedere solo una
piccola porzione del volto dell’altro e questi professionisti, nello specifico, hanno lavorato
per mesi con vestizioni ingombranti che impedivano di mostrarsi al paziente.


2. Realizzazione dello stemma personale: creazione, su carta e con colori, della propria
“bandiera\stemma personale”, diviso in 6 sezioni all’interno delle quali venivano riportate,
per iscritto o disegnando, le risposte alle seguenti domande:

1) Qual è il tuo punto di forza\ Che cosa fai bene?

2) La cosa più importante per te.

3) Sei a casa e sta per succedere qualcosa di brutto (incendio, terremoto etc.). Tutte le
persone a cui vuoi bene e che ami sono salve. Anche gli animali. Hai 10 minuti per
portare fuori casa 3 cose. Cosa scegli?

4) Qual è il tuo più grande risultato?

5) Qualcuno che ammiri (che conosci o meno).

6) Se potessi cambiare qualcosa di te\della tua vita, che cosa cambieresti?
La realizzazione dello stemma permette di andare verso una maggiore espressione,
consapevolezza e rafforzamento del Sé, esplorando le proprie risorse.

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3. Gioco delle carte per ricontattare “quel momento” dell’emergenza Covid più significativo
(sia in chiave positiva che negativa, a libera scelta), favorendo la narrazione attraverso ciò
che le immagini potevano evocare. Rileggere gli eventi, condividerli, è infatti un modo utile
e sano per superare ciò che è accaduto e andare avanti più forti e consapevoli.

Sono state distribuite sul tavolo le carte di due mazzi del gioco Dixit (Origins e Memories).
Ogni partecipante ha potuto scegliere da 1 a 3 carte come proiettivi dei momenti più
intensi vissuti nell’ultimo anno a lavoro. Successivamente è stata incoraggiata una
condivisione a voce delle carte scelte.

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Risultati


Parole chiave dell’incontro, riportate sul postit dai partecipanti:


Sguardo dentro

Tolleranza
Fragilità condivisa

We survive! (Fuck Covid)

Condivisione

Tranquillità

Rispetto

Liberatorio

Ritrovare me stesso

Sincero\vero

La parola più utilizzata è stata “condivisione”.


Feedback dai questionari


I questionari sono stati compilati da tutti e 24 i partecipanti, ma ne sono stati consegnati e
analizzati 19.

In una scala da 0 a 10, quanto sentivi la necessità di uno spazio di sostegno psicologico a
seguito dell’emergenza Covid19?

Media risposte: 8

In una scala da 0 a 10, quanto valuti utile l’incontro a cui hai appena partecipato?

Media risposte: 9

In una scala da 0 a 10, quanto ti è piaciuta la metodica di intervento proposta (uso del
gioco, tramite il metodo della GPT)?

Media risposte: 9


Quale momento dell’incontro è stato più significativo per te?


2 partecipanti indicano la presentazione iniziale: “Ho tolto le mie difese e parlato
apertamente con il cuore in mano”; “Ascoltare la presentazione delle persone che
erano lì con me e le voci rotte dal pianto. Essendo in un contesto lavorativo ci
fermiamo a guardare solo i nostri comportamenti professionali, spesso giudicandoci
e puntandoci il dito contro. Ma non consideriamo la persona nel suo insieme, il
vissuto non conosciuto e ciò che pensa”.

9 partecipanti indicano la creazione dello
stemma personale: “Ha permesso di
focalizzare gradualmente alcuni aspetti
che tendo a celare, minimizzare,
nascondere”; “Ho potuto parlare di
aspetti importanti della mia vita”; “Mi
sono data tempo per riflettere”; “Ho
potuto fermarmi e pensare alle cose che
contano, cosa che nell’ultimo anno, a
causa della stanchezza da lavoro, al
distanziamento e alle limitazioni nello

spostarsi, non sono riuscita a darmi”; “Non è stato facile “autoesaminarsi” in pochi
minuti e far affiorare sentimenti ed emozioni in un gruppo”; “Nella presentazione
del proprio stemma ho avuto modo di vedere la persona, non il collega di lavoro”;
“Lo stemma ha riassunto i miei valori in un foglio”; “Con lo stemma, in 6 riquadri, mi
sono visto fotografato nel mio “qui ed ora””.

7 partecipanti indicano il momento delle carte: “Ha dato la possibilità di raccontarsi
e raccontare di questo anno di Covid in una chiave più semplice”; “Ha facilitato il
“tirare fuori” il dolore e le difficoltà affrontate in questo periodo e ha aiutato a
riconoscerle”; “Questo momento mi ha permesso di cogliere in ognuno di noi gli
aspetti più importanti di questo periodo”; “Le immagini hanno fatto scaturire dei
ricordi, delle emozioni ed ho potuto fare dei collegamenti con il mio vissuto che
altrimenti non avrei colto. Alcune immagini sembravano chiamarmi, perché
rappresentavano in modo chiaro quello che la mia mente non riusciva ancora a
vedere”.

1 partecipante indica, in modo più generico, la componente di ascolto e confronto
sincero tra i colleghi, guidata da esterni.


19/19 consiglierebbero ai colleghi di partecipare ad uno spazio di sostegno simile.

17/19 desidererebbero che l’esperienza venisse riproposta a breve. 4 partecipanti
specificano che desidererebbero che gli incontri si ripetano in modo ciclico,
periodicamente.


Tra i consigli e suggerimenti:


~ Mantenere a base volontaria la partecipazione agli incontri.

~ Trovare modi per invitare tutti a partecipare.

~ Estendere l’iniziativa ad altri reparti.

~ Dividere l’incontro in due o più momenti, perché la quantità e la qualità delle
emozioni emerse è tanto intensa per essere vissuta in uno spazio temporale di 3
ore.

~ Fare gruppi di lavoro con massimo 8 persone.

~ Dare degli “strumenti” durante l’incontro.


Conclusioni


Frankl ha una prospettiva pluridimensionale dell’uomo: concepisce la persona come un’unitas
multiplex, un’unità complessa formata dalle tre dimensioni coesistenti e irriducibili del corpo, della
psiche e dello spirito.

Ogni esperienza di vita viene vissuta dal corpo, dalla psiche e dallo spirito e si deposita da qualche parte dentro di noi. Se le esperienze dolorose non vengono elaborate
possono diventare l’origine di malesseri incomprensibili, che indeboliscono la qualità della vita
personale. E’ da questo presupposto teorico che è stato creato uno spazio di vita dove elaborare
l’esperienza lavorativa in tempo di Covid.

Ci siamo presi cura di chi si prende cura e accompagna le persone nell’esperienza di malattia (Covid), aiutandoli a trovare significati a ciò che è accaduto.
La GPT ha permesso, tramite delle tecniche espressive, di entrare in contatto con il dovuto rispetto
e la dovuta delicatezza nei vissuti, personali e professionali, di questi operatori. Come ha scritto un
medico partecipante la GPT è: “un approccio dolce e non invasivo” e ha favorito, in ciascun
incontro, momenti intensi di condivisione emotiva.

E’ proprio il potere terapeutico, e allo stesso tempo profondamente rispettoso del gioco,

che ha reso l’esperienza efficace.


Il presupposto teorico, ma soprattutto pratico, con cui si sono incontrati i vari gruppi era favorire e
tenere sempre presente la relazione IoTu (in questo caso “NoiVoi”), ossia un atteggiamento
verso l’altro, che la Oaklander e molti altri psicologi suggeriscono, dove nessuno si sente superiore
e dove ci si pone in modo autentico, essendo sé stessi e senza usare un tono autoritario e
persuasivo. Non si manipola e non si giudica; non si carica l’altro delle proprie aspettative, ma si
cerca di rispettarne il suo ritmo, rimanendo presenti e in pieno contatto.

Questa modalità ha sicuramente favorito un’apertura dei partecipanti, che sono riusciti così a condividere aspetti
molto intimi e personali, sentendosi in un ambiente protettivo e non giudicante.

Sono emerse anche comprensibili resistenze (nel condividere, per esempio, degli esercizi a voce
con il resto del gruppo oppure nel seguire tutte le attività proposte).

Queste difese sono state rilette, nella prospettiva della Oaklander, come una forma di autoprotezione dal mostrarsi
vulnerabili e per tanto sono state onorate e rispettate, senza porre alcun tipo di forzatura. Inoltre,
come scrive Violet, “ogni qualvolta la resistenza mostra il suo volto, sappiamo che non stiamo
incontrando una rigida linea di demarcazione, ma un’area dai confini estensibili” (Oaklander,
1988).


Lo stemma viene spesso utilizzato in GPT in fase di assessment perché permette di raccogliere
informazioni sul paziente favorendo già, in prima seduta, un processo autoriflessivo e di
rafforzamento del sé.

Realizzare lo stemma personale è stato il momento più apprezzato dalla maggior parte dei partecipanti, specialmente grazie alla possibilità di raccontarsi, parlando ai
colleghi in una chiave diversa da quella professionale a cui sono abituati. La domanda che più ha
suscitato difficoltà è la terza (“Cosa salveresti (3 cose) in caso di evento avverso?”), mentre le più
apprezzate sono state la seconda (“Qual è la cosa più importante per te?”) e la sesta (“Cosa
cambieresti della tua vita?”), perché hanno suscitato negli operatori una profonda riflessione
rispetto ai valori personali.


Infine l’uso delle carte, con la loro capacità di evocare rispettosamente i vissuti anche più dolorosi
e nascosti, è stato apprezzato e ha agevolato gli operatori nel rievocare e raccontare momenti di
lavoro significativi dell’ultimo anno e mezzo.

Sono state riportate storie di pazienti, scene della nuova Covidroutine ospedaliera, immagini di morte ed impotenza, ma anche di speranza e voglia
di combattere e non mollare. Le carte Dixit hanno infatti un forte potere proiettivo, con disegni
non convenzionali, ricchi di particolari e di elementi contrapposti; permettono il riappropriarsi di
quelle parti di sé che emergono dall’immedesimarsi in queste illustrazioni.

Possiamo quindi concludere come questa esperienza documenti, in modo qualitativo, che le
tecniche espressive guidate, proposte dalla GPT e intrecciate al pensiero filosofico di Frankl, si
siano dimostrate valide ad un target adulto in contesto ospedaliero, per offrire agli operatori uno
spazio di sostegno psicologico a seguito delle fatiche accumulate (in reparto Covid), e ai fini di
prevenire fenomeni quali burnout e altri gravi disagi psichici.


Le nostre carte


A conclusione del lavoro abbiamo sentito il bisogno di ripercorrere l’esperienza vissuta grazie a
questi gruppi attraverso la scelta di 3 carte. Le immagini hanno permesso anche a noi di proiettare
quanto raccolto ed esperito durante i 4 intensi incontri. Ecco quindi le nostre scelte motivate.


Ascoltare e accogliere i vissuti di questi operatori è stata un’esperienza indubbiamente
trasformativa e arricchente in termini umani, oltre che professionali.

Le carte illustrate che ho scelto rappresentano 3 aspetti che personalmente ho colto dagli incontri:

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1) la capacità umana di sperare e coltivare
speranza anche nella peggiore delle
situazioni, riscoprendo risorse dentro e fuori
di sè.

2) non scappare dalle proprie emozioni e
dal proprio dolore, ma urlarlo, farlo uscire,
consegnarlo a qualcuno in grado di STARE
in ascolto.

3) quanto, in epoca Covid, manchino gli abbracci e il contatto fisico sia tra operatori stessi che tra
operatori e pazienti\famigliari. La difficoltà di comunicare l’indicibile avvolti in tute ingombranti e
attraverso uno schermo. Il valore del contatto, anche corporeo, per manifestare affetto e conforto.

(Arianna Pezzutto)

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A. Un faro nel caos. Sentirsi parte di un
gruppo è stato un faro nei momenti più
difficili.

B. Il linguaggio del cuore affronta le paure
più grandi. Tirare fuori i vissuti connessi alle
fatiche emotive permette di affrontare cose
gigantesche e dure.

C. Sapere di ritornare alla propria casa durante il mare in tempesta, un sollievo. Sapere di partire
e tornare al proprio focolare, nei giorni di maggiori fatiche, è stata una forza, un nutrimento.

(Monica Minetto)

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