Tecniche proiettive con i bambini: alcune differenze tra l’approccio GPT e quello analitico

epistemologia

tecniche proiettive con i bambini

Tecniche proiettive con i bambini,

di Giandomenico Bagatin

Ci sono molte modalità utilizzate nella terapia della Gestalt con bambini e adolescenti che possono essere usate come tecniche proiettive.

E ci sono delle differenze sostanziali tra l’approccio analitico alle tecniche proiettive con i bambini e l’approccio fenomenologico utilizzato nella terapia della Gestalt.
Questo non vuol dire naturalmente che non sia possibile un’integrazione proficua. Ma è utile conoscere le differenze di prospettiva.
Quali sono i passi utilizzati per approfondire il lavoro esperienziale con queste modalità?

Una grossa differenza tra l’approccio Gestalt, e fenomenologico-esistenziale in genere, e l’approccio analitico sta nell’utiulizzo dell’interpretazione.

Nell’approccio Gestaltico l’interpretazione non è uno scopo, semplicemente perché non cerca di modificare quello che è sbagliato in quello che è giusto, ma cerca, nella prospettiva fenomenologica, di fornire esperienze che incrementano la consapevolezza e procurano opportunità per sperimentare comportamenti diversi e aprire così nuove e diverse possibilità di scelta, e i punti di vista soggettivi che calzano meglio alla persona e alla situazione che vive.

In un certo senso si sta solo cercando di ristabilire il flow, il senso di flusso e divenire, nella vita di una persona.

Quando si è tornati nel flusso e non più incastrati in un angolo, l’autoregolazione organismica fa il resto del lavoro in un modo creativo è imprevedibile.
Prima di tutto quello che chiamiamo tecniche proiettive con i bambini sono essenzialmente situazioni di gioco che usiamo per dare la possibilità al alla bambina o al bambino di avere significative esperienze di contatto.
Addirittura quando usiamo test classici come il CAT, il test delle favole della Duss e l’HTP (casa, albero, figura umana) nell’approccio gestaltico li usiamo in modi diversi dal loro scopo originale, cioè come una chiave per aprire e facilitare l’immaginazione e i processi mentali analogici nei nostri clienti.

Il gioco proiettivo non è interpretativo perché non vogliamo suggerire,

né direttamente ne indirettamente, che quello che è stato disegnato significa una cosa precisa e sicura. Non ci si muove con l’idea che ci sia un legame causa effetto diretto tra, ad esempio, un disegno e una caratteristica di personalità. In parole ancora più semplici, si vuole evitare di pensare, e ancor più di dire, “Il tuo problema è…”.

Possiamo addirittura utilizzare i riferimenti alle interpretazioni ufficiali dei test,

specialmente con gli adolescenti che di solito lo amano, ma sempre dicendo qualcosa come “questo è quello che dice il manuale, ma devo controllare con te: questa parte del tuo disegno potrebbe suggerire che ti tieni per te le cose intime. Ti torna?
A proposito di tecniche proiettive con i bambini, in una meravigliosa e toccante parte de “Il gioco che guarisce” Violet Oaklander racconta un esempio a proposito del disegno di una bambina.
Susan ha disegnato sulla parte destra del foglio. Violet scrive che potrebbe essere corretto dire “Accidenti, questa bambina è chiaramente repressa. Sente molta paura e si rinchiude in se stessa. Oppure non hai equilibrio”

Ognuna di queste affermazioni potrebbe essere corretta.

Forse Susan potrebbe sentirsi repressa e chiusa mentre disegna. Potrebbe sentire il suo mondo chiuso e ristretto.
Ma quello che succede dopo il disegno è che Susan fa un’affermazione:
Dice che la parte bianca del disegno era riservata al futuro, e a tutte le cose nuove che potrebbero succedere nella sua vita. E mentre lo dice è energica, speranzosa e ottimista.
È proprio questo l’obiettivo del processo esperienziale nell’approccio gestaltico in particolare e fenomenologico esperienziale in generale.
Ed è proprio questo che apre a nuove possibilità nella vita.

Non si tratta quindi di quello che oggettivamente il modello dice che sta accadendo,

ma di cosa il contatto, il riprocessamento e l’integrazione di quello che vedo e sento stanno dicendo.
Di tutto quello che come cliente posso far diventare mio, riformularlo in maniera creativa, e usarlo infine con intenzione per arrivare a nuove possibilità
È una sensazione di freschezza come diceva Erving Polster, e di senso, e diventa una nuova possibilità per il presente e il futuro.

Le tecniche proiettive con i bambini nella Gestalt infantile sono basate sull’idea del gioco.

I bambini agiscono e mettono in scena durante il gioco parti delle loro vite o cose che gli sono successe che noi chiamiamo, come è stato fatto in origine da Fritz Perls, affari irrisolti o unfinished business.
In altre parole cose che sono accadute ai bambini nel passato e che in qualche maniera sono ancora presenti dentro di loro.

Giocare queste memorie questi sentimenti e questi eventi è molto efficace.

è il modo attraverso il quale i bambini conoscono il mondo, e amano farlo.

Il gioco è il linguaggio del bambino.

Durante un disegno, o giocando con la sabbiera, o attraverso un dialogo tra pupazzi, i bambini esprimono loro stessi in maniera più autentica che con il dialogo verbale.
Quando usa le tecniche proiettive Violet Oaklander utilizza una grande varietà strumenti terapeutici, e alcuni di questi sono presi da tanti autori, terapeuti, scrittori.
Nel suo libro sui training con Violet Oaklander “Windowframes”, Peter Mortola ha descritto i passi del processo che Violet usa di solito durante l’utilizzo delle tecniche proiettive con i bambini. Queste sono valide praticamente per ogni media espressivo che Violet usa, dalla sabbiera all’argilla al disegno.
Violet ha molto apprezzato il lavoro di Peter, ma ci tiene comunque a chiarire che il processo è più complicato di così, e non lineare.

Il primo passo del processo proiettivo è: “immaginalo”

In questa parte del processo il terapeuta faciliterà un’esperienza con tecniche di contatto, rilassamento o mindfulness, immaginazioni e fantasie. Anche in questa prima parte I terapeuti danno istruzioni con scelte multiple, atteggiamenti e indicazioni che tengano presente il principio “non c’è un’azione, una fantasia o una risposta giusta” e cercando di generare un generico senso di comodità, nutrimento e potere personale.

Il secondo step è “fallo”, ossia l’esperienza sensoriale.

Usiamo una grande e virtualmente in infinita galleria di media per coinvolgere i bambini nel sentire e vivere le cose che hanno immaginato e a cui hanno pensato.
In questo step cerchiamo di mantenere un bilanciamento tra le istruzioni di tipo direttivo (cosa vogliamo che i bambini facciano) e chiarimenti non direttivi (“non deve essere il tuo capolavoro”; “non ho bisogno di capire quello che hai disegnato”; “può essere astratto o concreto al punto in cui tu vuoi che lo sia”; “puoi usare i pastelli leggere i pennarelli” e così via).
Dare scelte rinforza ad ogni passo del processo.

Il terzo passo è “diventalo”, la descrizione metaforica e narrativa del lavoro del cliente

In questo step molta attenzione è data nel usare parole che aiutano costantemente il cliente a utilizzare termini concreti che si riferiscano al suo qui e ora, e all’esperienza sensorialmente basata.
Invitiamo gentilmente e guidiamo gentilmente ma fermamente i clienti nell’essere quel pezzo d’argilla o quella parte del disegno, e eventualmente possiamo prendere in considerazione di parlare con altri pezzi nella scena.
E’ importante notare che mentre gli adulti sono spesso in difficoltà nel ricordare di restare nella modalità “io sono”, prima persona tempo presente, di solito i bambini hanno più confidenza nel diventare qualcos’altro da se stessi (“facciamo che”).
D’altra parte i bambini descrivono le cose in maniera più breve e coincisa, anche in conseguenza della loro mancanza di capacità verbale. Possiamo aiutarli a creare dei pezzi di conversazione per mantenere vivo il processo.

Un’altra cosa importante da notare è che ci muoviamo nella prospettiva del“pensiero differenziale”.

Non c’è bene e male e anche quando sembra che i buoni e cattivi siano molto caratterizzati e polarizzati, cerchiamo di aiutare il cliente ad avere un dialogo costruttivo e creativo tra le parti.
Questa è la base per il lavoro sulle polarità, ed è basata sull’idea teorica che la salute non è un problema di “fare le scelte giuste”, ma ha a che fare con il far parlare tra di loro I differenti bisogni e desideri.
Ha cioè a che fare con la democrazia interiore.

Il quarto step riguarda qualcosa di più cognitivo, cioè l’articolazione di senso: “C’entra qualcosa con te?”

La parte del dare senso è di solito l’ultima in questo processo.
È un dare senso che di solito è più vicino al modo naturale in cui i bambini capiscono le cose: attraverso la narrativa, le metafore e l’esperienza diretta.
Spesso i bambini fanno connessioni spontanee con emozioni molto visibili facendo questo passo. A volte invece questo non succede e va comunque bene. Altre volte semplicemente non hanno voglia di parlarne, ne hanno avuto abbastanza. In questo li rispettiamo profondamente.
E’ in ogni caso una parte importante del processo perché è comunque la possibilità di avere una chiusura sia all’esperienza nel qui ed ora sia agli affari irrisolti nella vita.
Ogni passo di questo processo può rappresentare esperienze importanti di integrazione.
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